Bandiere della pace e mimose
Caro Claudio, quant'è vero quello che hai
scritto.
Pensa che io mi sono trovato nella tua stessa situazione. Il mio lavoro
mi porta in giro per i comuni delle province di Lecce e di Brindisi, e
mi ha entusiasmato il vedere tutte quelle bandiere esposte ai balconi
delle case e di qualche ufficio pubblico. Ho pensato: quanto è bello
esprimere il proprio dissenso in maniera così civile e colorata. Poi ho
letto che il Governo (?), col solito fare arrogante, aveva deciso di
schedare gli espositori della bandiera della pace. Mi sono
incavolato e ho chiesto in giro dove potevo trovare una
bandiera da esporre.
Mi hanno fornito l'indirizzo di varie associazioni (pacifiste,
religiose) di enti e partiti politici che me l'avrebbero fornita
dietro offerta volontaria minima di 5 euro.
Ho fatto 2 + 2 = 4 e ho pensato bella forza speculare sulla pace: chissà
quanto guadagna senza il minimo sforzo chi ha avuto l'idea.
Non ho comprato la bandiera!
Tanto lo sanno che sono contro la guerra, io non ho bisogno di bandiere.
E poi c'è l'appello del Santo Padre: farò il digiuno e lo dedicherò
alla pace.
L'ho pensato e l'ho fatto.
Oggi (7 marzo) mi sono trovato all'Ipercoop, ho visto le bandiere e ho
ripensato al tuo articolo.
Domani sarà l'8 marzo.
Subito dopo la guerra, in questo periodo (febbraio/marzo 1945) una
ragazza ex-partigiana e militante del partito comunista fu incaricata di
trovare un simbolo, come già era avvenuto in Francia, che omaggiasse e
desse dignità alle donne. Teresa Mattei, così si chiama quella ragazza
(ancora oggi, in Toscana, attiva politicamente e impegnata socialmente
all'età di circa 84 anni),che scelse un fiore: la mimosa, e inventò
una storia cinese o comunque orientale, per cui la mimosa, fiore bello
ma povero e facilmente reperibile in tutta la penisola, rappresentava il
calore della famiglia, la bellezza della donna e chissà che altro. Per
anni quel fiore era sovversivo, e chi lo distribuiva era perseguitato
anche penalmente.
Negli anni '70 e '80 aveva un significato politico e di conquiste
sociali. Nella seconda metà degli anni novanta, o forse prima, l'8
marzo è diventata una festa consumistica: regali alle nostre donne, i
fiorai che vendono le mimose a prezzi impensabili, le gioiellerie che
addobbano le vetrine con le mimose, ristoranti e pubs che organizzano
spettacoli per sole donne e quant'altro..hai ragione, caro Claudio,
"tutto ciò è deprimente e svilente. Ormai si appiattisce tutto;
tutto è privo di emozione, di sentimento, di vitalità. La stessa pace
si acquista al supermercato", comprare il simbolo delle lotte e
dell'emancipazione femminile dal fioraio, che squallore!
Però vorrei chiudere questa mia con l'inizio della lettera di Dania (ti
mando anche quest'anno una mimosa virtuale, ma permettimi di cambiare
una parola dell'inizio della tua): "che me ne fotte, Claudio, dove
sono poste in vendita le bandiere arcobaleno."
Il digiuno è una scelta, la Quaresima, o la riflessione o meglio
ancora la conversione Cristiana è qualcosa di intimo, di personale, che
non devo propagandare, la bandiera della Pace è un simbolo, è
un'idea politica è una scelta che deve essere fatta conoscere e deve
essere urlata, e se l'urlo di una bandiera non basta compriamone due,
magari al mercatino rionale, però facciamo sentire la nostra voce
contro le guerre.
Io la bandiera l'ho comprata e l'ho fatta appendere dal mio bambino a cui ho spiegato che forse grazie a quella bandiera altri bambini
continueranno a giocare.
E domani comprerò e regalerò il rametto di mimosa a mia moglie e
alle mie amiche e idealmente alle donne che non conosco ma che so che
stanno soffrendo.