QUESTO NON LO SI DOVEVA FARE!

stampa - torna - chiudi...

da: Dania, 28 luglio 2003 * "Liberi Pensieri"

 

Questo non lo si doveva fare!

Potenza della parola stampata! Mi è difficile, se non impossibile, distogliere il pensiero dall'articolo: "Veglie, in Consiglio il dramma dei dodici cassintegrati",  pubblicato dal Quotidiano di Lecce il 17 luglio 2003.

Leggo e rileggo, sperando d'essermi sbagliata, d'aver interpretato male, invece non succede il miracolo: Beniamino De Pascalis, di Veglie, resta sempre là su quell'articolo, che ho quasi imparato a memoria.  Anche lui è  inserito in quella dolorosa lista, come se non avesse pagato abbastanza, come se al mondo del lavoro dovesse  sacrificare ancora qualcosa!

E come se non bastasse, tra i quindici/dodici o tredici disperati licenziandi, posti ora in cassintegrazione,  il cronista ha  scelto d'intervistare  proprio lui,  il più colpito, il più vulnerabile: quello che può piangere più forte! Mi vien da ricordare quelle persone dedite all'accattonaggio che in giro per la città molestano i  bimbi che stringono tra le braccia, all'unico scopo di farli piangere, per far intenerire la gente!

Se l’intenzione del cronista era quella di dare, con tale accorata testimonianza, enfasi agli avvenimenti, per mettere in maggiore  evidenza il dramma delle persone che rischiano di perdere il posto di lavoro a causa di una circonvallazione,  forse mal progettata,  che costringe una ditta a ridimensionare la sua produzione e quindi le maestranze, ha sbagliato persona, perché il dramma del De Pascalis è a monte ed è a sé. La sua tragedia spicca, fuoriesce da quell'insieme. Si stacca dal dramma degli altri - che pur meritano tutto l'appoggio e la solidarietà - per trascinare l’interesse dei lettori,  i  loro pensieri e i loro sentimenti, indietro nel tempo, puntando sulle ripercussioni  umane, che vanno  al di là della nuda cronaca,

Beniamino de Pascalis: un dipendente della Ditta Panarese. Era autista e fuochino: preparato, abile  e veloce, come  lo riconosce il datore di lavoro,  ma queste qualità non furono sufficienti, quel disgraziato 23 luglio del 2001, ad evitare, mentre svolgeva il suo lavoro alla cava,  che  uno scoppio dei detonatori, anticipato sui tempi previsti, gli  causasse lo  spappolamento della mano sinistra.

Andando a rileggere  le cronache della tragedia, balza all'occhio l'imprecisione su quale delle due mani sia stata amputata:  una volta si parla della destra, un'altra della sinistra! E' incredibile: il caso vuole mostrarcelo tal quale è oggi: un uomo con entrambe  le mani legate, perché, lo si deduce dall'intervista,  è così che si sente e  così continuerà a sentirsi se nessuno lo aiuterà a perdonare se stesso per non essere stato così bravo quel giorno,  più bravo delle avversità, più veloce del vento, più sensibile di un prestigiatore.

I sopravvissuti della strage della Grottella hanno un killer contro cui imprecare, gridare ogni giorno la propria rabbia. Lui non ne ha alcuno: per la sua disgrazia non può che prendersela con se stesso!

Eppure, per quanto subdolo, in quella cava un killer ci deve essere stato: vuoi  la stanchezza alla fine del turno di lavoro; il poco  tempo a disposizione; il materiale difettoso o scadente; il particolare che ha impedito ad un fuochino patentato ed esperto,  d’accorgersi al tatto  che il filo per la miccia era vuoto! Beniamino deve scoprirlo quel killer,  per liberare se stesso dal pesante  senso di colpa di non essere stato, “lui", persona polivalente, anche quella volta all'altezza della sua bravura. Di non essere riuscito a mantenere integro il proprio corpo. D'essere stato lui stesso la causa della menomazione, che lo fa sentire inferiore, non più totalmente in grado di badare alla famiglia e, al di fuori della cava, privo di prospettive. Di non essere più un elemento forte e valido su cui poter contare, per quella ditta verso cui nutriva riconoscenza per il posto di lavoro sicuro, continuativo  e vicino a casa,!

Nella sua intervista, Beniamino De Pascalis pare non conoscere la parola “diritto”e tantomeno la parola “risarcimento”.  Dimostra invece di conoscere molto bene, e la accompagna alle lacrime, la parola “riconoscenza”.

E’ riconoscente, e questo gli fa onore, verso i Signori Panarese, che si sono prodigati per “inventargli” una nuova occupazione in ditta. E’ così riconoscente che il suo stato d'animo nei confronti dei datori di lavoro è di piena sudditanza, come se ogni fine mese “rubasse” lo stipendio. Come se la cosa giusta fosse quella di versare lui un contributo per non essere  sbattuto in strada, in balia della Pubblica Assistenza.

Fa male sentirglielo dire, come fa male non leggere a quel punto dell'intervista una parola  d’incoraggiamento da parte del  cronista, che dovrebbe  servire a ricordargli che "nella casa del Padre, molteplici sono le mansioni", e che ognuna viene affidata alle persone idonee a svolgerla. Che ogni giorno s’inventano nuove tecniche, nuove divisioni del lavoro, per rendere le aziende più efficienti e a misura d'uomo. Le innovazioni, a volte vengono studiate a tavolino dagli esperti, altre volte vengono suggerite dalle emergenze. Chi non riesce più a stare in piedi ha diritto ad un posto dove poter lavorare seduto. Chi non ha più due mani, ha diritto ad un compito da poter svolgere con una mano sola!

Tutti i giorni, quando Beniamino De Pascalis ha occupato il suo nuovo posto ed ha svolto scrupolosamente  il suo nuovo compito, ha collaborato al buon andamento dell’azienda; è stato d’aiuto ai suoi compagni; ha creato profitto, proprio come prima  della tragedia! Di conseguenza, quando ogni  fine mese, ha percepito lo stipendio ha ottenuto il  compenso per l’opera svolta, cioè quello  che gli spettava e non un obolo generoso o  un gesto di carità. Lo deve sapere!

Fa male vedere che un operaio, bravo, svelto e capace, che  ha perso una mano in un incidente occorso mentre stava lavorando, e che gli è pure andata bene, avendo rischiato di perdere la vita, si trovi sulla lista dei licenziandi. Se nella graduatoria per l’assunzione ad un impiego statale un handicap equivale ad un punteggio superiore,  che avvantaggia sulla posizione della lista,  in quella per la cassintegrazione dovrebbe  rappresentare un punteggio valido a far scivolare il proprio nome in coda alla lista. A chi ha già dato tanto, non si può e non si deve chiedere di più!

Dania