chi ha insegnato loro le regole?

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da: Sabrina Lezzi, 4 giugno 2002 * "Liberi Pensieri"

 

CHI HA INSEGNATO LORO LE REGOLE ?

Mi sembra di percepire in molti adolescenti di oggi la forte presunzione di poter far tutto ciò che si vuole perché "quel tutto" è dovuto. Sembra che si sia, quasi, perso il piacere che ogni piccola conquista sa suscitare. Mi sentirei, tuttavia, eccessivamente perbenista se non riconoscessi di essere appartenuta anche io ad una generazione di ragazzi, per certi versi, presuntuosi, arroganti, esuberanti a tal punto da disturbare la tranquillità altrui. Anche l’esuberanza della mia generazione si è trasformata, qualche volta, in comportamenti deviati. C’era, però, più gente disposta ad ascoltarci.

Condivido lo sfogo di Claudio Penna. Il suo sfogo è quello di mia madre che si spaventa nel vedersi di fronte, improvvisamente, nel proprio giardino, un ragazzo che ha scavalcato il muro di cinta per recuperare il proprio pallone (scavalcare è più emozionante che entrare dalla porta principale).

Condivido lo sfogo, lo capisco, non riesco a colpevolizzare più di tanto quei ragazzi.

Quei ragazzi che "si sentono al di fuori di ogni regola" sono stati "partoriti" da tutti. Quei ragazzi che io stessa, innanzi, ho definito presuntuosi sono gli stessi che sono stati "parcheggiati" davanti ad un computer o ad un televisore, gli stessi lasciati crescere nel mito dell’invincibilità del loro eroe preferito, gli stessi che troviamo, spesso, intenti a dimostrare quell’invincibilità prima nella loro famiglia (ma ai genitori non piace avere dei figli intraprendenti?) poi nel gruppo. Hanno una disperata voglia di farsi notare.

Leggendo l’articolo di Dania, allorché parla di "volontari" (persone, magari pensionate, ma attive e capaci di far inquadrare tutta l’esuberanza che i ragazzi possiedono per natura, non perché "cattivi") ho concentrato la mia attenzione sugli aggettivi "attive" e "capaci". Mi sono chiesta quante volte mi fermo a parlare con un ragazzo che non conosco. Mi sono chiesta se ho mai domandato a qualcuno di loro la sensazione che si prova, nel periodo natalizio, a sradicare un albero con delle piccole bombe-carta. Mi sono chiesta perché l’altra sera quando ho visto 5 ragazzi, ammassati su uno scooter, che percorrevano una strada,  dove le auto viaggiano ad alta velocità, come via Isonzo, non mi sono fermata per impedire loro di proseguire. Forse in tutti questi casi non mi avrebbero dato retta. Forse con l’arroganza tipica di quell’età mi avrebbero deriso. Tuttavia io non sono stata né attiva né capace!

Mi sono così resa conto di aver osato poche volte entrare nel loro mondo, di aver affrontato poche volte il loro rifiuto. Quanta gente c’è che, come me, osserva, parla, NON SI ATTIVA (e mi riferisco anche al problema droga di cui si è parlato in questi giorni)?

Ritengo sia giusto invocare degli spazi per quei ragazzi. E’ giusto che l’amministrazione crei per loro delle strutture. Meglio ancora, sarebbe insegnare a molti adulti e a chi, come me, non è troppo più grande di quei ragazzi, ma è già troppo preso dai propri impegni, la voglia di parlare con loro, di comprendere il loro linguaggio, di comprendere la loro rabbia, di entrare nel loro mondo. In questo modo sarebbe molto più facile fargli capire concetti come il vivere civile e il rispetto per gli altri.

A che cosa serve uno spazio se non si ha la cultura di rispettarlo? A che cosa serve una struttura se non c’è abbastanza gente pronta a parlare con quei ragazzi? A poco. Forse..., però, potrebbe essere un inizio!
Sabrina Lezzi